domenica 5 giugno 2016

Io e il Casentino

Io e il Casentino - sottotitoli "O te, parina, tu dormi in proda cittina?"

Questo e tante altre frasi mi ronzano in testa, della mia infanzia casentinese...
Si perché l'Elaiza, fiorentina Doc purosangue, in realtà ha radici casentinesi. Io nata a Careggi, Firenze, ma madre di Vallucciole/Stia, e padre di Romena.
Trapiantati prima della nascita di me medesima in quel di Pontassieve, ho quindi una formazione mista: casentinese, valdisievese e fiorentina. Sono rustica di campagna, e scafata di città.

Il mi babbo aveva 10 fratelli - 5 maschi e 5 femmine. La mi nonna Ada ha avuto 10 gravidanze in 18 anni. Anzi 12 perché due sono stati aborti.
E questi fratelli non sono stati a pettinare le bambole, ma hanno a loro volta sfigliolato.
Abbiamo fatto il conto di recente: siamo 18 cugini di primo grado e 22 di secondo grado.
A Marzo 2008 si fece anche il primo Cugino-Raduno e si era in 36 all'epoca.



Quando ero piccola era un must andare il weekend in Casentino, perché molti della big Family vivono ancora là. E quindi tutti i sabati o domenica il mi babbo ci scarrozzava a Romena - io strippavo regolarmente sulla Consuma, e poi si ripartiva.

Con le mi cugine se ne combinava di cotte e di crude. E se ne buscava quasi tutte le volte.

Quando si infilò nel fiume.
Quando si tirava i sassi verso la strada.
Quando si fece la casa nel bosco e ci si riempì la schiena di processionarie.
Quando non si tornava mai in tempo per mangiare.
Quando ci si ritrovava i conigli sbudellati e scuoiati davanti mentre si giocava a nascondino.
Quando si andava alla fattoria a rubare il latte in polvere.
Quando si giocava nei covoni di fieno.
Quando si mangiava la qualsiasi bacca si trovava nel bosco.
Quando si infilava regolarmente nel campo di ortiche e/o rovi per dare dietro ai cani che ci scappavano dalle gabbie.
Quando si pensava che davvero scendevano i mandarini dal camino per Befana, invece era Nonna Ada che li tirava per l'aria quando eravamo girate.
Quando si veniva giù come le sassate in bici sulla strada sterrata.
Quando si mangiava i crostini di sgamo che erano pronti nei vassoi prima di essere portati a tavola.
Quando si mangiava troppi fichi direttamente dall'albero e ci veniva la scacaiola.
Quando si mangiava troppe ciliegie e ci veniva la scacaiola.

Ho passato un'infanzia dorata.

In questo cascinale tipico toscano, pieno di stanze, di anfratti, di luoghi misteriosi, di animali, domestici e non, di scorpioni, di galline e conigli con cui facevo amicizia e immancabilmente mi trovavo poi nel piatto, di parenti, di cibo, di serate a "veglia" attorno al camino, ho passato anni indimenticabili.
Poi arriva l'adolescenza, la ribellione, tutto ti sta stretto, e queste gite in Casentino mi avevano rotto le palle, tutto il Casentino mi aveva rotto le palle, non ne potevo più, e avrei voluto che i parenti invece che tutti in Casentino fossero sparpagliati nel mondo, così avrei avuto una scusa per viaggiare. Invece erano tutti lì, e io non sopportavo più nulla.

Poi morirono i nonni. Poi lasciarono il cascinale meraviglioso, perché era in pessime condizioni. Poi non si andava più in Casentino. Poi è morto anche mio babbo. E il Casentino si è ripresentato con tutta la sua forza nel mio cuore, nella mia mente, sotto la mia pelle.
E ci vado tutte le volte che posso.
A trovare i sempre tanti parenti che ancora ci vivono, che vedono mio babbo in me, e mi strizzano forte come se abbracciando me abbracciassero anche lui. I miei parenti che sono sempre così gentili, così contenti quando andiamo a trovarli, così col cuore aperto, che ti offrono tutto quello che hanno.

E ogni volta in più, ogni viaggio in più, apprezzo sempre di più. Un misto tra nostalgia, ricordi, e esperienze nuove, con occhi nuovi.

Io, quella che è scappata da Pontassieve alla città a 20 anni perché mi stava troppo stretta, mi ritrovo ora a godere di questa tranquillità che è propria del Casentino, un lembo di terra meravigliosa che è troppo lontana da Firenze e troppo lontana da Arezzo per essere "contaminata" dallo stress, dalla frenesia.
Ok forse non potrei accettarlo nel mio quotidiano, comunque resto cittadina, ma andarci ogni tanto mi fa tanto felice e faccio pace col mondo.

Le ricche sgrifate, i borghi in pietra pieni zeppi di storia, i tanti artisti che nel tempo hanno transitato di qui e se ne sono perdutamente innamorati: Dante, Clet, Pieraccioni, tanto per citarne i primi che mi vengono in mente.

Ne parlerò più dettagliatamente, perché il Casentino merita di essere visto da tutti, visitato in ogni suo angolo, merita di essere assaporato.
Non troppa pubblicità, perché un si vuole che diventi un baraccone inflazionato come il Chianti, la Costiera Amalfitana o le 5 Terre, ma merita di essere amato da chi ha la tenacia di passare la Consuma, e come tutte le belle cose bisogna prima desiderarle a lungo, faticare un po', pensare spesso "ma un s'arriva mai??" e poi alla fine arrivati alla curva di Scarpaccia, ti si srotola davanti, con il Castello di Poppi che domina fiero tutta la vallata, e ti fa finalmente dire:

Eccolo, il Casentino, sono arrivata. A casa


Piazza Tanucci - Stia - Location de "Il Ciclone"






Il vecchio lanificio del Panno del Casentino, ora rimesso in funzione


La spettacolare Pieve di Romena


Il "mio" cascinale...

I Tortelli della Iva



Camminate nel Parco delle Foreste Casentinesi



Il maestoso Castello dei Conti Guidi di Poppi



 

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